Nacque a
Palermo il 15 Agosto 1818 e fu battezzato nella Chiesa
Cattedrale con il nome di Melchiorre.
All'età di cinque anni fu condotto nell'Abbazia di
S. Martino delle Scale e presentato come oblato.
A quindici anni entrò nello stesso Monastero con i
nomi di Giuseppe Benedetto. Nel 1841 diventò sacerdote.
Dimorò a Palermo nell'Ospizio dello Spirito Santo,
vicino alla Chiesa di S. Agostino ed esercitò la
predicazione, verso la quale aveva particolare
attitudine.
Inviato come priore a Caltanissetta e a Napoli, nel
1858 fu Abate di S. Nicolò l'Arena di Catania.
Definito " grave, prudente,pratico negli affari
ecclesiastici, uomo che ha dato a tutti buon esempio ed
edificazione e degno di essere promosso alla dignità
vescovile" , fu eletto Arcivescovo di Catania nel
1867.
Per i suoi meriti di pastore della chiesa catanese,
per i servizi prestati alla Chiesa con l'amministrazione
apostolica della vicina diocesi di Caltagirone e, in
particolare, con la riunificazione della famiglia
benedettina e l'apertura del Collegio S. Anselmo, Leone
XIII lo volle cardinale e lo pubblicò nel concistoro
dell'11 febbraio 1888 con la seguente motivazione: "dignis
episcopo virtutibus, maximeque prudentia et charitate
spectatum"," per prudenza, carità e virtù episcopali
" .
Tutt'ora vivo nella memoria del popolo
catanese per l'eroicità della sua carità, capace di
tenere in costante mobilitazione la comunità diocesana
in favore dei poveri e dei bisognosi, seppe imprimere un
orientamento squisitamente pastorale al clero e grazie
alla sua statura spirituale acquisì autorevolezza in
ambito ecclesiale e civile. Alla sua fede venne
attribuita la liberazione dalla colata lavica del comune
di Nicolosi: tutti riconobbero che, sebbene le
previsioni fossero ben diverse, la lava si fermò grazie
all'intercessione di S. Agata e alla preghiera del
"santo cardinale", come comunemente ancora oggi molti lo
appellano.
Al fine di porre un robusto argine alle moderne
ideologie e alla cultura laica e positivista, Dusmet si
mosse in costante sintonia con le direttive di Pio IX e
di Leone XIII, ma anche con l'attività zelante e
riformatrice di altri vescovi italiani come il Card.
Sisto Riario Sforza di Napoli e Tommaso Ghilardi di
Mondovì.
E anche con gli altri vescovi dell'isola seppe
mantenere rapporti di cordiale fraternità, in
particolare con il Card. Michelangelo Celesia, anche lui
benedettino e arcivescovo di Palermo, e con il Card.
Giuseppe Guarino, arcivescovo di Messina. Figlio della
Chiesa del suo tempo, fondamentale sua preoccupazione
pastorale fu indubbiamente la "salus animarum" e la
salvaguardia dei valori religiosi e morali fra il popolo
che, fin dall'inizio del suo episcopato, egli mostrò di
ben conoscere: "Alla classe elevata del nostro
gregge, alla classe soprattutto che discute, e scrive, e
cammina sempre e non arriva mai a quel meglio dietro cui
s'infiamma e si precipita a capofitto, facciamo un solo
invito: Venite ad me omnes. Le sale del nostro
episcopio sono aperte per voi. Là, se vi piaccia,
converseremo insieme, vi favelleremo apertamente come
amico che favella ad amico. L'altra classe del popolo
più numerosa che non discute, non scrive, non comprende
le teorie del giorno, ma domanda pane e fede, oh si
affidi pure tutta intiera al nostro amore di padre. Sin
quando avremo un panettello, Noi lo divideremo col
povero. La nostra porta per ogni misero che soffra sarà
sempre aperta. ... Ma la fede... ah il nostro buon
popolo vuol conservata la fede, e incombe a noi che la
gli si conservi".
Pur mantenendolo privo del "munus" di parroco nel
senso pieno del termine - per la peculiarità della
Diocesi in cui solo il vescovo era giuridicamente
l'unico parroco - Dusmet chiese al clero, costantemente
e con insistenza, la indispensabile coerenza di vita,
necessaria espressione dell'Ordine sacro, e
l'adempimento dei doveri di maestro, predicazione e
catechesi, e di sacerdote, amministrazione dei
sacramenti e culto. E al fine di liberarlo da residui di
cultualismo, insisteva sulla necessità di un "aumento di
zelo sacerdotale", che non si limitasse ad "una condotta
che non dia da ridire, perché il Sacerdote stia sereno
di aver fatto il proprio dovere". L'ideale sacerdotale,
a cui anche i chierici venivano formati, dipendeva dalla
teologia della Lettera agli Ebrei, "ex
hominibus assumptus", ma ben conciliata con il
modello agostiniano, del sacerdote dedito totalmente al
servizio del popolo.
Sebbene non fossero maturi i tempi per un'azione
autonoma del laicato cattolico, Dusmet si premurò di
promuovere varie forme associative, a carattere
religioso e caritativo-assitenziale, nelle quali volle
la partecipazione attiva dei fedeli, in vista anche di
una aperta e combattiva difesa della Chiesa, dei suoi
diritti e dei valori cristiani.
Morì il 4 Aprile 1894 e fu paragonato ai Santi
Ambrogio e Carlo.
La Chiesa ne ha
ufficialmente riconosciuto la statura spirituale e
pastorale e, a conclusione del prescritto processo
canonico, il 25 settembre 1988 Giovanni Paolo II lo ha
proclamato Beato.
Al Beato Dusmet è stato intitolato il nuovo Monastero
benedettino di Nicolosi ( CT ) il 25 Settembre 1996,
giorno della celebrazione liturgica del Beato.
Nella Diocesi di Palermo è celebrato con il grado
di Memoria Obbligatoria.
Bibliografia:
T. LECCISOTTI, Il cardinale Dusmet, Catania 1962;
G. ZITO, La cura pastorale a Catania negli anni
dell’episcopato Dusmet (1867-1894), Acireale 1987.
Autori: Gaetano Zito
Ugo Russo |